La responsabilità del medico è materia delicata e controversa: l’ art. 28 della Costituzione dice infatti che “i funzionari e dipendenti dello stato e degli enti pubblici, sono direttamente responsabili secondo le leggi penali civili e amministrative degli atti compiuti in violazione dei diritti”. Su tale presupposto l’ente e il sanitario risponderebbero ugualmente per responsabilità contrattuale.

La sentenza della Suprema Corte n.589/1999 si riferisce al cosiddetto “contatto sociale” che da origine ad un “rapporto contrattuale di fatto”. Il “contatto” si crea al momento dell’accettazione del paziente in ospedale e, pur non costituendo formalmente un atto negoziale, da origine ad una vera obbligazione da parte del medico accettante con la conseguenza che quest’ultimo diviene contrattualmente responsabile verso il “malato” che abbia subito un danno.

Quindi la prestazione sanitaria del medico nei confronti del paziente, a prescindere se vi sia o meno un contratto d’opera tra i due è sempre la stessa.

In base alla sentenza di cui sopra, la responsabilità del medico dipendente e quella dell’ente ha origine nell’esecuzione non diligente o errata della prestazione sanitaria ovviamente da parte del medico. Una volta accertata la stessa, contemporaneamente risulta accertata la responsabilità contrattuale di entrambi.

La responsabilità del medico si estende al consenso informato. Rappresenta un vero e proprio obbligo contrattuale principale inerente la prestazione medica e la sua violazione rende il professionista responsabile sia civilmente che penalmente.

In pratica il medico deve informare preventivamente il paziente dell’effettiva portata dell’intervento o della cura, in relazione alla sua gravità, ai suoi effetti, alle possibili difficoltà e rischi ed alle eventuali complicazioni, in modo da arrivare ad un convincimento cosciente e privo di condizionamenti.

L’omissione dell’obbligo d’informazione, rende legittima la pretesa risarcitoria del paziente, indipendentemente dall’esito della terapia o dell’intervento.

La delicatezza dell’argomento responsabilità medica si evince anche dai dati dell’ ANIA in relazione alle polizze assicurative di Responsabilità civile dei medici.

Nel 1996, a fronte di una raccolta premi di 250 miliardi di lire, le compagnie hanno risarcito sinistri per 750 miliardi di lire.

I sinistri denunciati dal 1992 al 2004 sono aumentati del 184%, a dimostrazione che vanno riviste, sia a livello strutturale degli ospedali che a livello di operabilità, professionalità e preparazione dei medici che vi lavorano.

Cosa dice la Cassazione

La Cassazione a Sezioni Unite fa il punto in merito all’onere della prova nelle cause di responsabilità medica.

La sentenza a Sezioni Unite della Cassazione del 11 gennaio 2008 n 577 ribadisce e consolida gli ultimi orientamenti della giurisprudenza sia di legittimità sia di merito di un regime probatorio particolarmente favorevole al paziente danneggiato.

La sentenza è chiarissima ed esplicita stabilendo che al paziente danneggiato compete esclusivamente l’onere della mera allegazione di un presunto inadempimento astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato.

Stralcio dalla motivazione della sentenza 577/2008 C.S.U.

A) In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio, l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare il contratto (o il contatto sociale) e l’aggravamento della patologia o l’insorgenza di un’affezione ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato. Competerà al debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.


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